Veneto. Insulti, spintoni e sgambetti: Pdl e Lega, ballottaggi ad alta tensione
12 Giugno 2009Mogliano, azzurri pronti a votare Pd, a Vittorio spaccati in liste nemiche. Belluno, Bottacin: «Non mi hanno sostenuto»
VENEZIA (12 giugno) – Insulti, spintoni, sgambetti: ma non sono alleati? La campagna elettorale in Veneto non è finita col voto di domenica. Anzi, i suoi effetti stanno ingarbugliando una situazione già di per sé caotica. Sullo sfondo, ancora e sempre, le aspirazioni della Lega in vista delle regionali 2010 e le faide interne al Pdl.
Leghisti e pidiellini ormai non si fidano più gli uni degli altri, e i ballottaggi del 21 giugno prendono sempre più le sembianze di una resa dei conti. Se fino a ieri l’accusa di non fare il massimo per raccogliere voti a beneficio del candidato altrui era solo velata, ora è esplicita. E chi cerca la rissa, spesso la trova.
Il caso più eclatante è accaduto l’altro pomeriggio al Senato, con il leghista sindaco di Chiarano Giampaolo Vallardi che ha attraversato l’aula per affrontare in un faccia a faccia il collega del Pdl Maurizio Castro: «Hai il coraggio di ripetere quello che hai detto venerdì scorso in un comizio nel mio paese?». Dicono i testimoni che a Chiarano il senatore ex An avrebbe definito i leghisti «contadini ignoranti» e avrebbe espresso apprezzamenti poco lusinghieri su Vallardi. Da qui, spintoni e parolacce sedate a fatica dal presidente del Senato, Schifani.
In realtà la parte più fastidiosa (per la Lega) del comizio preelettorale di Castro era stata la sponsorizzazione nemmeno troppo nascosta del candidato sindaco locale di centrosinistra, concorrente di Vallardi. Un alleato che a tre giorni dalle elezioni ti viene in casa per aiutare l’avversario non è, oggettivamente, piacevole: ma non è nemmeno un caso raro. Il trevigiano, da questo punto di vista, è un terreno di battaglia senza più regole. Un tutti contro tutti che lascia immaginare quale sarà lo scenario da qui a un anno.
A Vittorio Veneto, per esempio, Lega e Pdl risentono ancora dell’eco degli epici scontri finali della Grande Guerra. La Lega ha puntato su Gianantonio Da Re che dopo il primo turno è largamente in vantaggio grazie anche all’appoggio di una lista di centrodestra costituita da pidiellini fedeli all’ex assessore regionale e ora deputato Fabio Gava. Il Pdl invece, guidato da uomini legati a Maurizio Sacconi, è andato per conto suo con Giorgio De Bastiani, finendo escluso dal ballottaggio. Scontri memorabili dentro il partito di Berlusconi che portano il candidato sconfitto ad annunciare senza mezzi termini «libertà di voto» al secondo turno. Sottinteso: se qualcuno votasse per il candidato del centrosinistra, non ci farebbe un dispetto. Altro che apparentamento; d’altra parte, Da Re ha un vantaggio tale da non averne bisogno. E intanto i leghisti si fregano le mani di fronte alle annunciate azioni disciplinari del Pdl locale verso i gaviani.
Più giù, a Mogliano, la situazione è ancora più complessa. Il segretario veneto della Lega Gian Paolo Gobbo ha per tempo arruolato l’ex sindaco di centrosinistra Giovanni Azzolini, un moderato che aveva perfino vinto le primarie nel Pd senza esserne iscritto prima di essere scalzato da dimissioni in massa dei consiglieri ordinate dal partito. I leghisti non ci hanno pensato due volte e si sono accaparrati il candidato vincente presentando il piatto già pronto agli alleati del Pdl: «Se vi va bene, è così. Altrimenti andiamo da soli». Ad andare da solo è stato allora il Pdl, con il risultato che il partito è arrivato quarto, superato perfino da due candidati di centrosinistra.
Ovviamente adesso la Lega non vuole neanche l’apparentamento, e il Pdl minaccia (almeno a parole) di appoggiare addirittura lo sfidante del Pd.
Nel capoluogo, poi, l’ultima baruffa riguarda lo spostamento dello stadio, con il capogruppo del Pdl Renato Mauro (sacconiano) che il giorno dopo le elezioni ha cominciato ad attaccare il prosindaco Gentilini: il quale piuttosto che spostare il Tenni concederebbe qualche panchina ai barboni marocchini. Risultato: il coordinatore cittadino del Pdl (gaviano, naturalmente) smentisce il suo capogruppo.
Niente in confronto alla resa dei conti in corso a Belluno. Qui alle Provinciali il candidato leghista Gianpaolo Bottacin si è ritrovato – a suo dire – con 10mila voti in meno rispetto al previsto, che gli sarebbero bastati per vincere al primo turno ed evitare un rischioso ballottaggio con il presidente uscente della Provincia Sergio Reolon. «Voti mancati dal Pdl», accusa.
Il senatore Maurizio Paniz, plenipotenziario berlusconiano, risponde per le rime e ricorda che la candidatura di Bottacin è stata avanzata dalla Lega senza nessun incontro preliminare: «Prendo atto della nomina», era stato il significativo commento di Paniz. Che adesso mette le mani avanti: «Il ballottaggio è una questione tra candidati e conta la loro forza, non c’entrano più i partiti. Bottacin dovrà impegnarsi molto per vincere». Insomma, ha voluto la bicicletta e adesso pedali.
Il segretario provinciale della Lega e parlamentare Gianvittore Vaccari si lamenta per le dichiarazioni di Paniz «assolutamente ingenerose, fuori luogo, non condivisibili e inaccettabili». Ieri a tarda sera, al rientro da Roma, vertice a tre per cercare di rimediare. Ma se il buon giorno si vede dal mattino, per ora si scorgono solo tuoni e fulmini. E la tempesta rischia di durare un anno.