Il futuro non esiste senza memoria
1 Agosto 2008Proposta di riflessione da Sergio Fornasini
Ricevo via email e pubblico volentieri, per ragionarci un po’ su:
Il futuro non esiste senza memoria. Una volta ho conosciuto una donna, si chiamava Susan Sontag. Era andata in Vietnam ed era tornata. La incontrai per caso, un giorno, a New York e mi disse: sai perché i vietcong hanno vinto la guerra? Sai perché la guerriglia è riuscita a sconfiggere gli Stati Uniti d’America, la più grande potenza economica e militare del mondo?
Perché i vietnamiti hanno memoria. Perché, per ogni situazione del presente, loro hanno da richiamare un ricordo del passato dal quale attingere esperienza e saggezza: ogni avvenimento ha una corrispondenza con un altro, accaduto cinque minuti o cinquecento anni prima.
Per questa ragione, secondo lei, erano riusciti a vincere. Il male peggiore del nostro tempo, invece, è la fuga in avanti. Quest’ansia di sviluppo, di crescita senza fine, che ci condanna a scoppiare come la rana che si è fatta più grossa del bue. Già all’inizio del ‘900 Walter Benjamin aveva capito che la rivoluzione è il salto della tigre nel passato, non è la fuga in avanti, non è il progresso fine a se stesso. Per questo credo nel cinema, perché vuole ricostituire la memoria.
Dare un giusto peso alla storia è una delle sue funzioni ed è quello che io ho cercato di fare in tutti i miei film. Per i capricci della storia e del destino, vivo e lavoro in Italia da abbastanza anni per essermene innamorato e per aver capito quanto sia smemorato questo Paese: smemorato perché profondamente colonizzato dalla cultura capitalista americana.
Bisogna lasciarsi alle spalle il passato e la memoria per lasciarsi colonizzare, ed è quello che l’Italia ha fatto con sempre maggiore determinazione dal dopoguerra a oggi: lo scenario politico disegnato dalle ultime elezioni ne è l’ennesima, allarmante conseguenza. Questo è il Paese dove ogni scheletro si sistema nell’armadio, in cui tutto viene rimosso, in cui tutto cade nel pozzo dell’indifferenza.
L’Italia, invece, dovrebbe ripartire da zero, guardando indietro per vedere meglio avanti: fare la rivoluzione vuol dire, prima di tutto, rimettere a posto le cose antiche, ridare un valore a quelle dimenticate. Io non sono particolarmente ottimista, ma la storia è piena di sorprese. Nel terzo dei suoi Dialoghi con Leucò, Il diluvio, Cesare Pavese parla dell’ira della natura che spazza via la storia corrotta e dice: “Vedrai che il mondo nuovo avrà qualcosa di divino nei suoi più labili mortali”. Forse ha ragione, forse questa amnesia non è un processo irreversibile.
di Jean-Marie Straub (regista)
2 commenti presenti
E’ però anche vero che talvolta “la memoria è da uccidere, non l’uomo”.
Scritto da Domenica il 1 Ago 2008
I vietnamiti avranno pure avuto memoria, ma avevano soprattutto i cinesi (ed i russi attraverso di loro) che li rifornivano di uomini ed armi.
Concordo poi sul fatto che l’Italia dovrebbe ripartire da zero, per la precisione dall’unitá, per fare tutte quelle riforme che i liberali avrebbero voluto e dovuto fare, ma che non sono stati capaci di fare.
Scritto da Daniele il 1 Ago 2008