ESCLUSIVO: INTERVENTO DEL DR. GIANLUIGI DE MARCHI ALL’ASSEMBLEA DI UNICREDIT 22 APRILE 2010 (prima parte)
24 Aprile 2010PARTE PRIMA
INTRODUZIONE, TITOLI TOSSICI, CONTENZIOSO
Guten dag Mewrouw een Menjir,
Ik ben Jan Lodwijk van Marken, een ik ben aandeelhouder ven deze bank sinds drie jaren.
Ik ben een teleurgestelde aandeelhouder en vooral bezorge aandelhouder omdat ik van ordeel bend at de administrateurs onbekwaam zijn en de bank niet goed beheren.
Ecco, anch’io ho fatto sfoggio di multilinguismo come i nostri bene amati amministratori che ci hanno riempito occhi e orecchi con il loro English e noi zitti senza capire una mazza.
Spero che anche loro si siano sentiti un po’ in imbarazzo nel non capire nulla, siccome ho parlato in fiammingo e loro, per quanto bravi e internazionali, difficilmente conoscono la lingua di Rubens e Rembrandt.
L’invito a tutti è quindi quello di seguire l’invito che ci fanno i nostri amici romani, nella loro bimillenaria saggezza: “Ma parla come magni!”
Quindi proseguirò in italiano, lingua forse poco financial-chic ma non per questo meno appropriata, specie se vogliamo capirci fra noi.
Siamo qui a parlare di un bilancio che, come negli anni scorsi, lascia perplessi per tanti motivi che è utile ripetere, cui si sommano altri nuovi che è bene sottolineare.
Abbiamo in bilancio 7,9 miliardi di titoli tossici: la cifra esatta l’ha comunicata l’amministratore delegato a Report ed è stata ribadita nel corso dell’assemblea straordinaria di novembre, (in risposta al socio Rolich, altrimenti questo dato sarebbe stato omesso!), anche se poi ha minimizzato i rischi connessi a queste operazioni.
Non credo una sola parola di quanto allora affermato e chiedo: “Qual è il valore attuale mark to market degli ABS in bilancio? Qual è la perdita accumulata ad oggi rispetto al costo iniziale?
Attendo due risposte a queste due domande.
Abbiamo un contenzioso legato ai derivati da far rizzare i capelli; naturalmente l’amministratore delegato ci tranquillizzerà dicendo che si tratta di contenzioso privo di preoccupazioni, che le cause saranno vinte dalla nostra banca e altre amenità del genere. Ugualmente io chiedo ed attendo risposta: quante cause passive sono in essere? Per quale importo di danni richiesti dai clienti? Quante cause sono state perse negli ultimi tre anni e per quale importo? E siccome le sentenze sono solo la parte visibile dell’iceberg, che sotto è ben più preoccupante, domando anche: quante posizioni si sono chiuse con transazioni in cui abbiamo pagato pur di non arrivare al giudizio? E quanto abbiamo pagato a questo titolo negli ultimi tre anni? Perché continuiamo a trattare i clienti (che spesso sono anche azionisti) come “nemici” con cui lottare fino in Cassazione anziché trattarli come “amici” che pagano i vostri faraonici stipendi ed i vostri faraonici bonus?
Signori amministratori, vi invito a rileggere le parole scolpite nel salone della vostra prestigiosa sede di Torino in Via XX Settembre; ascoltate con attenzione: “Dietro ogni risparmiatore vi sono altrettante famiglie che formano il nerbo della Nazione”. L’avete mai letta? Ne avete colto il significato? Non è retorica, è la realtà, imparatevela a memoria!
E se vi dà fastidio perché vi crea rimorsi alla coscienza, piuttosto cancellatela.
Se un cliente chiede danni alla banca, quasi sicuramente ha ragione, e voi lo sapete.
Ma fate finta di non saperlo e fate di tutto per non farlo sapere in giro.
Ma senza risultati. Il Sole 24 Ore ha pubblicato la sintesi di una sentenza esemplare della Cassazione che ha condannato 4 dirigenti del Credito Italiano rei di aver venduto un domestic currency swap ad un’azienda provocandole enormi perdite. Un’operazione speculativa che ha portato benefici solo alla banca (come quasi tutte le operazioni su derivati in circolazione). La sentenza definisce questo contratto “invendibile” ed addirittura una “truffa auto-evidente”, equiparata al “pacco rifilato dal truffatore di strada”, una vera e propria “patacca” (termini virgolettati nella sentenza).
Vorrei sapere:
– i nomi dei dirigenti ( se non me li fornite, comunque li troverò e ve li segnalerò…)
– se hanno intascato bonus per la patacca venduta e di che importo
– se sono ancora dipendenti della nostra banca
– se fanno parte dei 1.400 “talenti” che saranno premiati in base al nuovo programma di incentivi
Inoltre vorrei avere notizie sul contenzioso con la Elliott per il caso Fedit (Federazione italiana dei consorzi agrari) che si trascina da anni presso il Tribunale di Roma; a quanto ammonta il danno che dovremmo rimborsare se perdessimo la causa? Ci sono prospettive di patteggiamento?
Vorrei anche avere notizie sul contenzioso con la Repubblica Federale tedesca in merito ai depositi versati presso Bank of Austria provenienti dall’ex DDR; il Tribunale di Zurigo vi ha condannati a pagare 240 milioni di euro; non ci facciamo certo una bella figura appropriandoci di fondi sottratti ad uno stato amico.
Attendo dodici risposte a queste dodici domande sul tema del contenzioso.
Abbiamo condizionato la politica delle società controllate con la stessa perversa modalità di trattare i clienti cercando di spremerli a tutti i costi per moltiplicare i profitti e per spartire bonus alla famelica struttura che voi avete creato ed alimentato.
Un esempio eclatante: le polizze collocate da CNP hanno creato danni spaventosi tra coloro che, fiduciosamente, hanno sottoscritto una polizza di assicurazione (capito bene? ASSICURAZIONE) legata alla banca Lehman e al momento del crack si sono sentiti dire candidamente che “la compagnia non paga, perché il rischio è a carico dell’assicurato”…. Verrebbe da ridere nel sentire che un rischio di una polizza è a carico dell’assicurato (pensate all’automobilista che si sente dire dalla sua compagnia che l’incidente che ha causato non è coperto perché il rischio è a suo carico!), se non dovessimo piangere a sentire certe sciocchezze. Una compagnia di assicurazioni ASSICURA, e se non assicura non fa il suo mestiere.
Quante cause sono in essere contro CNP Vita e per quale importo? (Il Tribunale di Milano ha recentemente indicato in oltre 6.500 persone coloro che sono rimasti danneggiati, ma la cifra è sicuramente maggiore). E soprattutto, signori amministratori, avete per caso in animo di cambiare politica e di coprire i rischi anziché incassare solo premi senza pagare al momento dell’incidente?
Attendo due risposte e spero che alla seconda domanda sia data una risposta chiara ed inequivocabile.
Ritorno per la terza volta sul caso Brontos, sul quale per due volte ho avuto solo risposte evasive.
Ad aprile 2009 ho chiesto notizie su questa operazione, congegnata con Barclays per eludere il fisco e mi è stato risposto che “il documento cui si fa riferimento è un documento interno di Barclays, di cui quindi il Gruppo Unicredit non era a conoscenza” (rileggete pagina 450 del verbale della scorsa assemblea ordinaria).
Le bugie hanno le gambe corte, ricordatevelo!
Lo scorso agosto tutti i giornali hanno pubblicato la notizia che “I pm indagano Unicredit e Intesa San Paolo aprendo un’inchiesta sui rapporti tra le due banche e Barclays. Ipotesi di reato: elusione fiscale”.
Ho riproposto la domanda e mi è stato risposto con la massima sfrontatezza che: “Unicredit non era a conoscenza del memorandum citato dal socio prima della sua pubblicazione su Internet”.
Per favore, piantatela di prendermi per i fondelli!
Se chiedo che ore sono non potete rispondermi: “Oggi vado a pesca”; se chiedo notizie sull’operazione Brontos, sui suoi risvolti giudiziari, sui reati individuati dai pubblici ministeri e sulle conseguenze che potrebbero riversarsi su noi azionisti non potete rispondermi con spocchia e fastidio: “Unicredit non ne era a conoscenza”.
Il Consiglio di Amministrazione non ne era a conoscenza?
Non scherziamo!
I dirigenti che hanno firmato il patto con Barclays non ne erano a conoscenza? Lo hanno fatto bendati, in una stanza buia in una notte di luna nuova, senza leggere cosa prevedesse e poi, oh sorpresa, hanno letto con stupore su Internet di cosa si trattava?
Almeno questa volta rispondete alle domande: “Perché è stata fatta l’operazione? Quante imposte sono state risparmiate (o, secondo i PM, sono state ELUSE) grazie a Brontos? Se non si trattava di un’operazione di evasione fiscale, di cosa si trattava, e quali benefici potevamo trarne noi azionisti?”
Attendo tre risposte alle mie tre domande. E che siano chiare e non evasive.
SEGUE CON LA SECONDA PARTE NEI PROSSIMI GIORNI
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