Viaggio verso il Sud: il treno affollato, in ritardo e senza aria condizionata.
7 Agosto 2013Avete mai provato l’ebrezza di prendere un treno che da Roma porti al Sud?
Nel corso della mia vita mi é capitato più volte ed ogni volta il cuore pieno di speranza mi faceva dire… dai, vedrai che questa volta sarà diverso.
Anche questa estate, una estate già strana di suo con un clima impazzito e una politica-maionese, sacrifico la mia famiglia acquisita (mia moglie paziente e comprensiva), per assolvere (con estremo piacere) al “dovere” di far compagnia ai miei anziani genitori e salutare la mia ottima sorella che, con grande spirito di abnegazione, si dona con amore a loro.
Per questo, non volendo utilizzare l’auto a causa dei costi e della distanza (oltre all’età che avanza), ho ben pensato di prenotare per tempo un posto sul treno che da Roma Termini mi avrebbe portato a Lametia Terme. Di questo viaggio della speranza voglio annoiarvi, perché mal comune (la noia) mezzo gaudio.
Che i treni italiani siano tra i peggiori è diceria comune… ma toccare con mano come in tutti questi anni ben poco è stato fatto per risollevare le sorti del sistema dei trasporti su rotaie in Italia, è francamente desolante. Facciamo, però, un passo indietro e partiamo dall’offerta: un Paese serio, che tiene in animo il reale interesse dei suoi Cittadini avrebbe già rivoluzionato il suo sistema infrastrutturale. Aeroporti funzionali, strade funzionali e logisticamente posizionate per un corretto uso, strade ferrate al passo con i tempi e, soprattutto, costi accessibili per una accoglienza di massa.
Ancora, costi accessibili non vuol dire servizi scadenti… e qui torniamo al presente.
Le Ferrovie Italiane (e non si capisce perché in Italia si debba percorrere la moda della svendita di tutto ciò che è pubblico a vantaggio dei privati), hanno deciso di investire nell’alta velocità… Il guaio é che si ferma a Napoli. Ora, appartenendo all’ex Regno delle Due Sicilie, potrebbe anche star bene che la modernizzazione si fermi a Napoli. Non sono, però, convinto che possa star bene al resto dei miei “compagni” di viaggio che, come me, stanno soffrendo al caldo torrido di un vagone senza aria condizionata (del resto, non importerà certo ai vertici delle FFSS che si viaggi come 60 anni fa…). Però c’è l’alta velocità. E nel frattempo si spacca ancor di più il Paese che, non ancora completamente unificato dal 1860… almeno nei sentimenti identitari, vive della contrapposizione Nord-Sud come categoria socioeconomica in voga nella pseudo sinistra di lotta e di governo.
E noi qui, in quella terra di mezzo, a sperare che qualcuno pensi un po’ seriamente a questo meraviglioso Paese.
Invece nulla. Prima il predominio dei costruttori di automobili che ha ingessato lo sviluppo del progresso (attenzione, però, perché se lo sviluppo è solo in senso capitalistico avrà ragione Bauman quando parla di sviluppo parassitario: prima o poi aggredirà ospite e ospitante), con la colpevole partecipazione di chi aveva il compito di gestire la res publica e invece si è trasformato in gestore per propri interessi.
Colpa anche di chi ha barattato l’etica in politica con la politica senza etica; il ruolo dei cattolici in politica con il ruolo dei politici che utiizzano la “fede nella religione”… dato che non hanno altra fede.
Nel frattempo siamo giunti a Napoli. Il caldo rende l’aria sempre piú irrespirabile e l’umore dei viaggiatori è sempre più tendente allo spazientito/instabile/preoccupato/incazzato. Forse a Salerno ci sarà la possibilitá per pochi (ma sarà una guerra tra poveri) di cambiar treno e sperare che sull’ES verso il profondo Sud (ribadisco, ognuno ha il Sud che merita… evidentemente ci meritiamo questo), la musica sia diversa… e sono già le 14:22… La vedo difficile fino alle 17 dover resistere così!
Il viaggio continua tra storie che si intrecciano, tra turisti smarriti e un po’ divertiti come se andassero alla scoperta del west. Divertiti e meravigliati, come i viaggiatori inglesi del film “Il giro del mondo in ottanta giorni”, stupiti di tanta pazienza degna di un gruppo di monaci tibetani.
E così via pensando, giungiamo a Sapri. Sempre piú spossati dal caldo torrido tanto che non abbiamo più la forza neanche di chiedere notizie o protestare al passaggio di sbigottiti, sudaticci e indaffarati ferrovieri.
Altro ritardo accumulato; pare di stare in un film di Fantozzi. Ognuno di noi ormai ha le visioni più strane: c’é chi vede folle plaudenti al passaggio del convoglio, chi ormai parla da solo, chi vede il mare anche là dove non c’è.
Nel frattempo si arriva a Paola; vengono distribuiti viveri di prima necessità, dell’acqua fresca (ma non potevano passare prima che venditori autorizzati e non ci rapinassero con destrezza in cambio di una bibita fresca?) che scopriamo non bastevole per tutti anche per il vizio italico del: perché io son io e voi non siete un… che fa sì che qualcuno prenda più del dovuto.
Sono ormai quasi arrivato alla fine del mio viaggio in treno. Un’altra mezz’ora e dovrei arrivare a Lametia Terme, e scendere da queste lamiere roventi (e datate e non degne di un Paese civile), che noi ostinatamente chiamiamo treno, per poi giungere dopo un’altra dose di km (in auto, questa volta) nella “mia” Taverna, la patria di Mattia Preti notissimo pittore del Seicento, ma soprattutto la patria dei miei affetti (e torno alla ratio del mio viaggio), il custode dei miei ricordi d’infanzia, la cassaforte della mia storia familiare e personale. Un luogo di riposo dalle logiche della modernizzazione spinta ove ritemprarmi e meditare sui “guasti” della società (del resto, è il mio lavoro indagare la dinamica sociale), lontano ma ugualmente connesso col mondo intero, dove riappropriarsi dello scorrere del tempo tra chiacchiere e granite di caffè per riscoprire il gusto delle relazioni non mediate e il senso di comunità.
Perso tra questi pensieri il mio viaggio giunge al termine; sono infatti arrivato a Lametia. Quante volte ho sospirato appena giunto in questi luoghi, ora lo faccio anche per la stanchezza visibilmente affiorante.
Vengo accolto dal sorriso rassicurante di mia sorella: si siamo proprio nel mio Sud; quello che i signori del Nord hanno sempre fatto in modo che rimanesse così. Lo hanno fatto nel 1860 (consiglio la lettura estiva dei saggi di Pino Aprile in materia), lo hanno riproposto alla fine della II Guerra Mondiale, lo ripropongono (il modello) ogni qual volta ci stanno per fregare la speranza. Nello sguardo dei miei compagni di viaggio, però, ho letto non la rassegnazione ma la voglia di cambiamento. I “politici/politicanti” sono avvisati.
Roberto Veraldi
Docente univ G. d’Annunzio di Chieti-Pescara
(riceviamo da Paolo Martocchia e molto volentieri pubblichiamo questa cronaca di viaggio)
Un commento presente
Buonasera, mi chiamo Marco Sibilia e sono un pendolare della linea Roma-Cassino.
Non sono completamente daccordo sull’articolo appena letto; perché se è vero che l’Alta Velocità termina a Napoli è anche vero che in tutta Italia esistono linee per pendolari che sono da ribrezzo a livello di igiene, puntualità e condizioni di viaggio.
Io vorrei sapere se qualcuno veramente possa pensare che la maggior parte dei pendolari da Napoli in su, possa tranquillamente permettersi un abbonamento all’Alta Velocità.
Scritto da Marco Sibilia il 7 Ago 2013